martedì 1 febbraio 2011

Cambiare, diciamo

L’idea di mettere in ordine qualche pensiero relativo al nostro gruppo civico corrisponde, almeno per un esordiente come me, all’idea di mettere in ordine qualche pensiero relativo al senso complessivo dell’attività politica.
Significa, insomma, riflettere su che cosa sia la politica, attraverso quali mezzi sia giusto farla e per il conseguimento di quali risultati sia utile impegnarsi. Secondo me, la risposta più convincente a questi interrogativi è, sciaguratamente, anche quella che rischia di suscitare il maggior numero di reazioni accondiscendenti e di sorrisetti cinici: avere care le sorti del mondo, e provare a migliorarlo. In ultima e razionale analisi, credo che la politica sia questo, e nient’altro: migliorare il mondo.
Tuttavia, dato che il mondo è notoriamente un posto molto affollato e ancor più complesso, un singolo individuo può realisticamente pensare di migliorarne una parte. Per esempio, un Comune. Per esempio, Rivolta d’Adda.
I motivi per cui ho deciso di impegnarmi nella collaborazione con il gruppo RIVOLTIAMO dovrebbero essere sufficientemente chiari, a questo punto. Penso che al suo interno ci siano persone di spessore, valide ed equilibrate. E penso che all’interno di questo gruppo si sia iniziato a parlare adeguatamente sulle possibilità di concreto miglioramento di Rivolta dal punto di vista urbanistico, sociale e ambientale.
Penso infine che migliorare il mondo significhi pensare a lungo termine. Nella fattispecie, penso che significhi preparare i giovani (espressione a cui ricorro a malincuore e in ragione della sua comodità, certo non della sua chiarezza) al tempo in cui saranno necessariamente chiamati ad amministrare e governare.
Quasi sempre i giovani sentono un’esigenza di cambiamento, un po’ perché è nella loro inclinazione, un po’ perché difficilmente il mondo che abitano somiglia a loro.
La mia fiducia e il mio impegno nel progetto della lista RIVOLTIAMO si spiegano anche sotto questa luce, che naturalmente non è limitata a un banale fatto anagrafico. Penso che all’interno di questa lista ci sia la volontà di cambiare il povero e sterile rapporto che i giovani rivoltani intrattengono con l’amministrazione del potere.
Ritengo necessaria la costruzione di una palestra politica in cui chi sta muovendo i suoi primi passi sulla scena possa ritagliarsi uno spazio autonomo di confronto diretto con la cosiddetta attività sul territorio, e che grazie a questo confronto ne possa comprendere i meccanismi e le logiche.
E credo che la palestra migliore sia l’impegno diretto e partecipato che ciascuno può mettere a disposizione. Mi auguro che in questo modo si creino le condizioni necessarie perché i giovani possano accedere a incarichi di responsabilità, e a occuparli con competenze solide e capacità comprovate.
Perché le cose non cambiano, finché qualcuno non le cambia.
Noi ci stiamo provando, e ci piacerebbe riuscire a dimostrarlo.

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